La sera del 3 luglio 1930, Rodolfo Nenna,
diciassettenne, da San Vito Chietino, usciva a passeggio con due compagni. A un
certo punto s'incontrò con un giovane di circa vent'anni, suo compagno, col
quale da parecchio tempo non era in buone relazioni.
Cominciarono ad altercare, e dalle parole passarono ai fatti. Il giovanotto si
slanciò su Rodolfo, prendendolo fortemente per la gola quasi per soffocarlo. Il
povero Nenna si abbatteva tra le braccia di uno dei compagni, privo di sensi.
Alle grida accorse gente, tra cui il medico stesso che lo portò a casa sua e gli
applicò le prime cure. Il sanitario riscontrò la frattura della cartilagine
tiroidea, con fenomeni cardiovascolari da compressione sul vago; e per quanto
verso mezzanotte il povero giovane riacquistasse la conoscenza, aveva le membra
come paralizzate. Non poteva parlare, né deglutire nemmeno un sorso d'acqua. La
perdita della parola era data - secondo i sanitari che in seguito lo visitarono
- dall'incapacità di evocare un'immagine verbale per interruzione delle vie tra
il campo intellettivo e il centro senso-ideale della parola. Due giorni rimase
così. La radioscopia rivelò la frattura della tiroide. Nessuna speranza di
guarigione. Bisognava tentare l'operazione. Fu ricoverato nella clinica del
professor Bologna in Lanciano.
Il povero giovane non cessava di raccomandarsi a san Gabriele dell'Addolorata.
Lo pregava che lo guarisse o lo facesse morire prima dell'operazione.
La mattina dell'8 luglio, Rodolfo stava assopito e assai aggravato. Al suo
capezzale la mamma pregava. Erano circa le nove. Ed ecco parve a Rodolfo di
vedere la figura di un frate vestito di nero, che avvicinandosi a lui
amabilmente e sorridendogli gli disse: - Coraggio, figliuolo, a mezzogiorno
ritornerò.
L'ammalato, credendo fosse un religioso venuto per disporlo a morire, rivolto
alla visione faceva segno che se n'andasse, e rivolto poi alla mamma, pure con
cenni si sforzava di farle comprendere che non facesse entrare il frate. No, non
poteva rassegnarsi a morire così giovane senza neppur poter dire una parola per
esprimere i suoi sentimenti e dare spiegazioni sull'avvenimento che lo aveva
ridotto così. Era mezzogiorno. La mamma sola l'assisteva. Egli sentì
distintamente aprire la maniglia della porta; poi il rumore ben chiaro dei
sandali sul pavimento. Teneva gli occhi chiusi, ma li riaprì subito sentendo una
mano che scuoteva il letto, come per destarlo. La stessa figura del mattino era
lì. Il primo movimento del giovane fu un cenno al frate che si allontanasse. Ma
questi, con un sorriso amabilissimo («non dimenticherò mai quel sorriso», dirà
Nenna), additandogli lo stemma della passione che portava al petto, gli disse:
- Come! mi hai pregato tanto e non mi riconosci?
Il malato comprese: era san Gabriele. Stese ambo le mani, e stringendo con esse
la sinistra del santo, se l'appressò alle labbra baciandola con devoto affetto.
La madre vedeva tutti questi movimenti del figlio, e credendo trattarsi dei
segni forieri della morte si mise a piangere.
San Gabriele con le sue mani fece incrociare a Rodolfo le braccia sul petto, poi
con la destra gli toccò lievemente la gola. Il malato sentì subito la gola
libera da ogni male ed era lì lì per gridare. Il Santo dolcemente gli disse: -
Piano! -. Poi gli passò rapidamente la sua mano dalla spalla a tutto il braccio;
e fattogli alzare il braccio, da sotto l'ascella strisciò la sua mano sino
all'unghia del piede. Al tocco di quella mano pareva a Rodolfo che gli si
levasse dalla persona un peso di quintali. Poi il Santo si mosse, e collocandosi
ai piedi del letto, indicando con ambo le mani al giovane gli abiti che erano lì
vicino, gli disse:
- Alzati e vestiti perché sei guarito! Rodolfo balzò subito a sedere sul letto,
libero in ogni suo movimento e chiamò:
- Mamma, san Gabriele mi ha fatto la grazia; sono guarito! Guarda; non lo vedi?
- e indicava il punto della visione.
In quel momento il Santo scomparve. La madre, atterrita nel sentire il figlio
parlare e nel vederlo levarsi dopo giorni di immobilità e di mutezza, pensò
fosse l'estremo delirio e si abbatté sul letto vicino semisvenuta. Rodolfo saltò
dal letto per aiutarla e le ripeteva: - Mamma, non piangere, sta' contenta, son
guarito bene.
Poi da sé cercò i panni, si vestì. Mangiò, mentre da giorni non poteva
inghiottire una stilla d'acqua. Nel pomeriggio i sanitari lo visitarono
minutamente e riscontrarono che non c'era più assolutamente nulla del male
gravissimo diagnosticato e di cui essi avevano le chiare indiscutibili prove
nella radioscopia.
S. Battistelli,San Gabriele dell'Addolorata,Roma 1941, pp. 219-223.