«Una persona distinta, che conobbe il poeta
Giosuè Borsi [morto il 10 novembre 1915] prima della conversione e gli conservò
ancora l'amicizia dopo, ebbe con lui diverse discussioni nelle quali tentò di
distoglierlo dall'ideale e dai propositi di vita cristiana. Tra gli altri
argomenti tirò fuori anche questo:
- Perché preoccuparsi tanto della vita dell'eternità?... Nessuno è tornato mai
dal mondo di là a dirci che tale vita esiste veramente! Giosuè rispose:
- Le darò io, e molto presto, tale prova. Una mattina, dopo la morte del poeta,
mentre meno pensava a lui, questa persona se lo vide comparire, e in atto
affabile ma severo e risoluto le disse:
- Ho mantenuto la promessa. Nella sua biblioteca lei ha il tal libro del padre
Semeria. Lo apra e alla tal pagina troverà citato un altro libro che lei
procurerà di acquistare perché farà molto bene al suo spirito.
Incredula, lasciò passare qualche tempo; poi, aperto il volume del padre Semeria,
alla pagina indicata che era ancora da tagliare, trovò la citazione precisa del
libro raccomandatole dall'apparso [...].
Il primo a esperimentare un intervento di Giosuè Borsi defunto fu un insigne
letterato, amico suo, che narrò il fatto con linguaggio velato sul giornale La
Nazione del 25 dicembre 1915. L'articolista non si professava allora credente.
Questo amico di Borsi era rimasto profondamente scosso quando nelle frequenti
conversazioni Giosuè gli aveva parlato anche di religione.
Borsi era partito il 30 agosto, né si erano più veduti. Nel novembre del 1915 il
professore amico era nella sua villetta di San Leonardo in Arcetri. Il 10 del
detto mese, poco dopo mezzogiorno, egli era a tavola con la moglie, non
parlavano di Giosuè né pensavano a lui. A un tratto una voce chiara e distinta
si fece udire nella sala vicina: Deciditi... è tempo. La voce aveva il timbro
ben noto, quello di Giosuè. I due coniugi pensarono a un'improvvisata
dell'amico, venuto in licenza. Si alzarono per andargli incontro... ma nessuno
era nella stanza vicina... nessuno era entrato. Il professore, sceso in città,
seppe della morte di Giosuè, e confrontando trovò che la voce chiara e distinta
si era fatta udire quando Giosuè, cadendo da eroe, lasciava la caducità».
G. Cantini, Giosuè Borsi, Torino 1936, pp. 159, 155.