Mia sorella Hattie fu colpita da un attacco
di difterite maligna. Venne affidata alle cure di nostro padre, che purtroppo
non pervennero a salvarla. La povera Hattie se ne andava lentamente in
condizioni di perfetta calma. Sapeva di morire, e stava confidando alla mamma le
sue ultime disposizioni in merito alle piccole proprietà personali, quando
improvvisamente alzò gli occhi al soffitto, verso l'angolo più remoto della
camera, guardò con intensità di attenzione, apparentemente ascoltando qualcuno,
quindi fece un lieve cenno di assenso col capo e disse:
- Sì, nonna, vengo, vengo. Attendi ancora un istante, per piacere.
Mio padre domandò:
- Hattie, vedi dunque la nonna?
Ella parve sorprendersi della domanda, e replicò prontamente:
- Ma sì, papà, e tu non la vedi? È là che mi attende -. E così dicendo puntava
il dito in direzione dell'angolo dove aveva guardato. Finì di dettare le sue
disposizioni, quindi diede a ciascuno di noi l'estremo addio. Lo sguardo suo
appariva pieno di intelligenza e di vita. Infine si rivolse verso l'angolo della
visione, mormorando: - Ora sento che sono pronta, nonna -, e guardando sempre in
quella direzione, si spense.
Sua nonna era morta pochi anni prima, e una grande reciproca affezione le
vincolava in vita l'una all'altra. L'episodio del riconoscimento da parte di
Hattie fu così realistico in ogni particolare, da non sembrare possibile
spiegarlo se non ammettendo la presenza effettiva, sul posto, della nonna.
E. H. Prat, dottore in medicina.