"Tuttasanta sei,Maria!" di p. GABRIELE
AMORTH - tratto dalla rivista Madre di Dio
L’Immacolata è un ideale che ci attira e ci
avvicina a Maria nella ricerca dell’imitazione, sorretti dalla grazia e
dall’impegno di una vita purificata.
Dio ha pensato a ciascuno di noi da tutta l’eternità, ci ha assegnato un compito
e ci ha fatti nascere al momento giusto e nel luogo giusto, fornendoci di quelle
doti che sono necessarie per lo svolgimento del nostro ruolo.
Così ha fatto anche con Maria, che ha preparata a dovere, volendole affidare un
compito straordinario: possiamo riassumere tale preparazione anzitutto nella
parola Immacolata.
Il primo dono, il grande regalo che Dio ha fatto a Maria nell’istante del suo
concepimento, è stato quello di renderla immacolata, applicandole in anticipo i
meriti della Redenzione di Cristo. Doveva diventare madre di Colui che veniva
per distruggere le opere di Satana, ossia il peccato con tutte le sue
conseguenze. Così Maria, concepita immacolata, dimostra la sua uguaglianza con
noi, perché anch’essa ha avuto bisogno di essere redenta dal sacrificio della
Croce; d’altra parte, la sua immacolatezza la predispone all’altissima missione
che le è poi offerta.
Uno dei titoli mariani più antichi, rimasto particolarmente caro agli Ortodossi,
è Tuttasanta. Termine che esprime bene i due aspetti contenuti nell’invocazione
a Maria Immacolata: il primo aspetto è il puro privilegio di esenzione dal
peccato originale, in vista della divina maternità; il secondo aspetto è
l’affermazione che Maria non è mai stata soggetta alla minima colpa attuale, pur
essendo una creatura libera.
Sottolineando questo secondo aspetto, tocchiamo con mano l’imitabilità di Maria,
che tanto può incidere nella nostra formazione cristiana: vediamo in Maria la
bellezza della natura umana pervasa dalla grazia.
Per questo, l’Immacolata è un ideale che ci attira, anziché allontanarci dalla
figura di Maria – quasi fosse qualcosa di assolutamente inaccessibile –, ce
l’avvicina nella ricerca dell’imitazione, sorretti dalla grazia del Battesimo,
dalle grazie attuali e dall’impegno di vita ascetica.
L’Immacolata, modello da
imitare
Una delle più gravi colpe della mentalità
moderna è quella di voler eliminare il senso del peccato e della tremenda
presenza di Satana nel mondo. Così si misconosce la Redenzione, che è la
vittoria di Cristo sul Demonio e sul peccato; così si lascia l’uomo decaduto
nella sua miseria e non lo si aiuta a risollevarsi, a diventare migliore, a
riacquistare la sua bellezza originale di creatura fatta ad immagine di Dio.
L’Immacolata ci dice, invece: io sono così per la grazia di Cristo e per la mia
corrispondenza; anche tu devi tendere, corrispondendo alla grazia, a vincere il
male e a purificarti sempre più. Per questo, l’Immacolata non è un ideale
astratto da contemplare, ma un modello da imitare.
Riflettendo sul senso della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di
Maria [giusto 150 anni orsono, per opera del Beato Papa Pio IX] pensiamo come il
popolo cristiano abbia da sempre intuito che la totale santità della Vergine [=
Tuttasanta] sia stata incompatibile con la colpa originale, per cui questa
doveva essere esclusa; anche se tale verità ha avuto bisogno di approfondimento
biblico e teologico, appunto fino alla definizione dogmatica dell’8 Dicembre
1854.
In passato si è discusso anche sulla ‘impossibilità morale di peccare’ della
Madonna, anche se lei pure fosse stata tentata da Satana, come del resto lo è
stato Gesù. Come creatura umana, la Vergine avrà certo avuto le sue tribolazioni
e tentazioni; anche se la Scrittura non ne parla. Oggi, però, si insiste meno
sui doni straordinari che la Vergine ebbe [compreso, eventualmente, quello
dell’"impeccabilità"], e si preferisce porre in luce gli aspetti più umani di
Maria: il suo duro cammino di fede, la sue prove e le sue continue sofferenze [=
"Mater doloris"]. Su questa linea, ad esempio, insiste l’enciclica "Redemptoris
Mater" di Papa Giovanni Paolo II. Sicché – in conclusione – noi ci specchiamo in
Maria Immacolata, la "Tuttasanta", "umile e alta più che creatura" (Par XXXIII,
2), convinti come siamo di essere stati anche noi pensati da Dio fin
dall'eternità, con doni di natura e di grazia che ci abilitano,
corrispondendovi, a compiere "cose grandi" (cfr. Lc 1, 49) per la salvezza
nostra e del mondo intero.
Gabriele Amorth